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Световозвращающие элементы на детской одежде


Как победить свой возраст? Восемь уникальных способов, которые помогут достичь долголетия


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Классификация ожирения по ИМТ (ВОЗ)


Глава 3. Завет мужчины с женщиной


Оси и плоскости тела человека


Оси и плоскости тела человека - Тело человека состоит из определенных топографических частей и участков, в которых расположены органы, мышцы, сосуды, нервы и т.д.


Отёска стен и прирубка косяков Отёска стен и прирубка косяков - Когда на доме не достаёт окон и дверей, красивое высокое крыльцо ещё только в воображении, приходится подниматься с улицы в дом по трапу.


Дифференциальные уравнения второго порядка (модель рынка с прогнозируемыми ценами) Дифференциальные уравнения второго порядка (модель рынка с прогнозируемыми ценами) - В простых моделях рынка спрос и предложение обычно полагают зависящими только от текущей цены на товар.

La Bielorussia vista da due italiani





In quali settori preferiscono lavorare i neolaureati bielorussi?

Per gli italiani è importante che il lavoro sia in una funzione (nelle aree, nel settore) creativa (ricerca, ideazione, progettazione) oppure nelle aree marketing-commerciale o nella comunicazione. E per voi?

Dei neolaureati italiani manifestano in diversi modi l’esigenza di approfondire la propria preparazione universitaria. Hanno la percezione di incompletezza del proprio bagaglio cultural-professionale. Da qui la preferenza per un lavoro che consenta prima di tutto di continuare ad imparare. Molti italiano manifestano la loro voglia di proseguire (continuare) gli studi (il 62% dei laureati). Molti esprimono il desiderio di restare nell’ambito dell’università (con una seconda laurea, dottorato, borse di studio o master).

In America se ha una famiglia che lo mantiene agli studi, di solito se ne va di casa a 17 anni. In Italia hanno creato un superadolescente che arriva fino ai 30 anni (cioè i giovani continuano a vivere in famiglia fino a 30 anni). La società americana tratta gli adolescenti come adulti, molti giovani sono alla guida di aziende, giornali ecc. La gioventù per loro è una condizione.

In Italia l’adolescente è protetto, bendito (потакаем), rassicurato (успокоен, обнадежен). Molti ragazzi italiani se ne andrebbero presto di casa anche loro, se gli affitti fossero più bassi e ci fossero più occasioni di lavoro, anche part-time, come negli USA. In Italia si parla di un circolo vizioso: in questo modo si crea una generazione di mammisti. Si sa che molte persone in Italia che hanno raggiunto un titolo di studio elevato non riescono a trovare una occupazione adeguata alla loro preparazione culturale conseguita.

 

La Bielorussia vista da due italiani

In Italia, negli ultimi decenni, abbiamo assistito ad una massiccia immigrazione di popoli dall’Est europeo: polacchi, rumeni, ucraini, persino russi, ma i bielorussi rimangono un’etnia sconosciuta e la maggior parte degli italiani ha difficoltà anche nell’individuare la posizione geografica della Bielorussia, spesso confusa con la Russia.

Ad esempio, se si entra in una casa bielorussa l’accoglienza è molto più che cordiale, ma pare sia normale essere sgarbatamente urtate nei negozi o per strada; ci si toglie le scarpe nell’entrare in casa, ma poi non si applica la stessa attenzione igienica alle stoviglie in e con cui si mangia; c’è un ordine quasi maniacale nell’osservare le strisce pedonali, ma poi si trovano spesso auto parcheggiate sui marciapiedi; c’è una cura persino esagerata nella tenuta delle strade, delle aiuole, dei monumenti, che non trova riscontro nelle cartacce ed ogni genere di rifiuti che spesso si trovano abbondanti nei parchi, nei boschi e addirittura nel fiume; i giovani sembrano attirati dalla cultura occidentale, quando esibiscono magliette e shoppers con marchi di note case di moda, ma non parlano altra lingua al di fuori della propria.

La cura dei fiori e dei giardini, che abbiamo riscontrato sia in città che nei villaggi, colpisce in modo particolare, ed indica che i Bielorussi sono molto sensibili.

Un capitolo a parte meritano le ragazze, che sono indubbiamente molto belle e, pertanto, non avrebbero bisogno di abbigliarsi in un modo che in Italia sarebbe considerato di esagerata ostentazione, in netto contrasto con la semplicità, spesso addirittura sciatta dei maschi. Da ciò nasce il sospetto che anziché investire in competenze e capacità personali e culturali, per raggiungere uno status sociale autonomo, la giovane donna bielorussa punti maggiormente alla valorizzazione dell’apparenza estetica finalizzata al matrimonio.

Sembrerebbe proprio che ai Bielorussi il turismo o l’attrarre persone provenienti da altri Paesi interessi molto poco. Si inizia dalle difficoltà nell’ottenere il visto d’ingresso, alla sbrigativa, e a volte scortese, rudezza dei modi del personale dell’aeroporto, che, evidentemente non avvezzo a trattare con stranieri, sembra non capire le difficoltà di chi, non comprendendo la lingua, non è sufficientemente solerte ad eseguire gli ordini, spesso abbaiati alla maniera di un ufficiale dei marines verso una recluta un po’ stupida.

Oltre alla lingua, un problema fondamentale, è la scrittura in caratteri cirillici, che impedisce al turista di muoversi agevolmente ed autonomamente nelle strade e nella metropolitana. Soltanto nell’isoletta sul fiume Svislac abbiamo trovato indicazioni anche in lingua inglese, mentre sarebbe molto più interessante, per il turista, comprendere le varie iscrizioni nei musei o sui monumenti pubblici (ad esempio la stele in piazza della Vittoria) per meglio apprezzarne il significato e penetrare nella storia e nella cultura del Paese.

Noi non siamo interessati né comprensivi nei confronti del turismo sessuale né in altri Paesiб né in questo e non ne comprendiamo il motivo perché, di solito, il turismo sessuale si rivolge verso Paesi molto poveri, dove l’estrema indigenza quasi obbliga le donne alla prostituzione.

La Bielorussia non ci è sembrata affatto povera, sebbene si osservi un tenore generale di vita al di sotto dello standard cui noi italiani siamo abituati, uno standard che, l’attuale crisi che sta scuotendo il mondo occidentale, si sta dimostrando eccessivo e pieno di inutilità indotte. Più che di povertà, dunque, ci sembra si tratti di una forma di arretratezza culturale: i Bielorussi sembrano uniformarsi ad un concetto di benessere soltanto materiale, rappresentato dal possesso del cellulare di ultima generazione, dell’automobile di grossa cilindrata e di altri prodotti tecnologici in generale, che qui, forse perché ancora non proprio alla portata di tutti, continuano a costituire gli status symbol da ostentare anche a costo di notevoli sacrifici, mentre nel nostro Paese, già da qualche anno, vengono messi seriamente in discussione, a favore di un benessere (il cd welfare) più legato alla salute personale e dell’ambiente in cui si vive.



 

Il culto della bellezza

Che il genere umano abbia dedicato da sempre attenzione al suo aspetto esteriore, lo testimoniano i reperti archeologici che ci raccontano come si svolgevano le pratiche igieniche nell’antichità, ricorrendo all’utilizzo di essenze profumate e oli per il corpo. Alla cura del sé, tuttavia, non è sempre stata data la stessa importanza; essa è stata influenzata da vari elementi quali norme sociali, credenze, riti, ambienti di vita, ceto sociale, rapporti con altri popoli ecc… Per quanto riguarda la cura del corpo nell’antica Roma, in un’opera di Plinio Il Vecchio, si possono trovare elencate le materie prime - ghiandole testicolari di toro e coccodrillo, midollo di cervo e di capriolo, grasso di cigno, di pecora, di oca, api affumicate nel miele, farine e uova mischiate ad essenze profumate - che usavano i Romani per abbellirsi e alcuni artifici che erano di moda in quel tempo quali i nei artificiali, le tinte azzurre per i capelli e le tinte d'oro per capelli e barba. Il rito di bellezza preferito dai romani fu, tuttavia, quello delle terme. A Roma erano aperti 873 bagni pubblici; tra questi le terme di Caracalla potevano accogliere oltre a 1500 persone. Di contro a tutta questa attenzione per il corpo, il processo di cristianizzazione del Medioevo, che coincise con il trionfo di pudore ed austerità, si rivelò un periodo sfavorevole per il make up. L’estetica femminile perse i suoi tratti forti per passare a sembianze il più naturali possibile soprattutto a causa dei numerosi divieti imposti dal potere ecclesiastico riguardo la seduzione femminile, additando come prostituta chi utilizzava del trucco che superasse la cipria o il rossetto di colore chiaro. La cura del corpo viveva un paradosso tra la pochissima igiene e l’uso spropositato di colonie, profumi e impacchi, spesso nocivi alla pelle, per rendere la pelle diafana. Questa ossessione per il pallore prevedeva anche la quasi nulla esposizione alla luce solare, una scelta che mirava a sottolineare la massima distinzione dal popolo che lavorava e si abbronzava. Dopo l’oscuro Medioevo, con il Rinascimento, arriva una luce anche nel mondo del make up. Ritorna il gusto per un incarnato perfetto e l’esaltazione delle forme. Da donna sobria, magra, con seno piccolo e fianchi stretti si passerà ad ammirare nuovamente una donna in carne con forme prosperose, seni abbondanti e fianchi larghi. Si perde la concezione della donna acqua e sapone tanto che, per rimarcare la propria nobiltà, la donna rinascimentale esaltava persino le vene blu del corpo con una matita di lapislazzulo. Il trucco aveva, però, anche uno scopo “pratico”: nascondere la propria sporcizia! Il paradosso di quest’epoca prevede, infatti, un totale abbandono della pulizia per paura di prendere il colera attraverso l’uso di acqua contaminata, che veniva sostituita con profumo e fard rosso. Sulla base dei pochi esempi riportati, non si sbaglia se si afferma che “la cura del corpo appartiene alla storia dell’umanità”. Facendo, ora, un salto fino ai nostri giorni, ciò che caratterizza in questa epoca la cura del corpo è il fatto che essa non è più un piacere riservato a pochi ma è diventata un fenomeno di massa. Per il benessere del corpo oggi si fa talmente tanto da poter parlare di una sorta di ossessione per il corpo! Camminando per le strade ci si sente guardati da grandi manifesti pubblicitari che promettono lo "star bene"; nelle farmacie vengono esposti prodotti di ogni tipo per migliorare il tono, il rendimento, per ridare giovinezza; nelle edicole si trovano riviste specializzate per la salute, la buona forma, la linea, la fitness. La salute e la ricerca della bella apparenza somigliano davvero a un culto, con le sue devozioni, la sua ascesi e i suoi sacrifici. Si fa qualunque cosa pur di avere un corpo bello, sano, invidiabile. In poche parole: ci si danna per la bellezza! Da questo tormento non sono esclusi gli uomini che ormai spendono più delle donne per acquistare i loro prodotti di bellezza e si sentono molto più a loro agio nell’investire tempo e denaro nel loro look rispetto alle generazioni passate. Un recente studio dell’Istituto Directa di Milano, dedicato «all’attenzione al benessere e alla cura di sé che ha l’uomo in Italia», ha rilevato come la popolazione maschile italiana spenda oltre 250 milioni di euro l’anno in prodotti cosmetici specifici. Se prima trionfava il detto “L’uomo ha da puzzà”, negli ultimi tempi le cose sono cambiate per un buon numero di uomini. Vanitosi e narcisisti lo sono da sempre, che amano guardarsi allo specchio, pure, ma adesso dispongono di nuovi strumenti di benessere. Secondo i più recenti dati dell’Unipro (Associazione italiana delle industrie cosmetiche) si aggirano intorno al 30- 40 % gli uomini italiani, tra gli under 35 e gli over 50, che acquistano cosmetici maschili e frequentano, con una certa assiduità, i centri di benessere. Secondo una ricerca condotta dalla Doxa, l’incubo peggiore per l’universo maschile italiano è la calvizie, seguita dalla pancetta e dalla sudorazione eccessiva. Nonché la mancanza di muscoli e l’avere peli superflui. Per contrastare, e prevenire questi “drammi”, gli uomini sono entrati nel girone delle creme che promettono di snellire il giro vita e scolpire gli addominali, frequentano le beauty farm, si depilano, si sfoltiscono le sopracciglia, si fanno maschere facciali di tutto punto, massaggi rigeneranti e manicure. Vengono venduti in quantità massiccia prodotti anti età, lucidalabbra, smalti pressoché trasparenti, mascara e fondotinta leggeri. Infine i maschietti amano farsi un bel check-up ai capelli, per i quali sono disposti a tutto e, nondimeno, adorano ricoprirsi di profumi e di creme. Un dato interessante è il ricorso alla medicina estetica soprattutto per quanto riguarda la rinoplastica e la chirurgia alle palpebre, seguite dalla liposuzione del tessuto adiposo sui fianchi, per eliminare le cosiddette “maniglie dell’amore”. Si calcola che 1 uomo su 10 chieda aiuto alla chirurgia per essere “ritoccato”, ma bisogna sottolineare che sono in continuo aumento. Come possiamo spiegarci questa sorta di “rivoluzione maschile”? Ci illumina il professore del Future Concept Lab, Francesco Morace: “Dopo gli Anni Ottanta che possiamo considerare una fase di femminizzazione, l’uomo ha ormai chiuso i conti con se stesso, accettando anche la propria fragilità e le proprie debolezze. E’ stato a lungo combattuto tra i due poli del maschile/femminile. Adesso è in equilibrio, libero di esprimere nuovi codici senza resistenze. Tra i nuovi linguaggi, il primo a emergere è stato proprio la cura di sé “. È proprio vero che Narciso è cambiato: ma secondo voi in peggio o in meglio, adesso che ha scoperto il “paradiso” della cosmesi e dei centri di benessere? Secondo molte donne avere un compagno curato, profumato e che ha una certa attenzione per il suo “faccino” e per il suo corpo, è molto piacevole, anche se poi aggiungono che il “troppo stroppia” e che tornerà prima o poi di moda lo charm e quello ce l’hai o non ce l’hai e non c’è nessun prodotto che tenga!

 

La moda italiana

L'Italia è la patria delle belle arti e del gusto del bello: il senso estetico ha da sempre accompagnato la sua storia, facendo anche parte inevitabilmente delle sue bellezze paesaggistiche. In Italia la cura dei particolari è insita nel DNA degli Italiani, che hanno saputo usare questa loro attitudine nel campo sartoriale: i sarti italiani sono famosi in tutto il mondo e vestono le personalità più illustri.

Nel campo della moda il made in Italy è stato un fenomeno straordinario sia per la qualità, sia per la quantità. Ma il punto di forza della moda italiana è, soprattutto, la cura del dettaglio e l'artigianalità

La moda del made in Italy negli ultimi quarant'anni è diventata un grande business mondiale e anche un affare che ha coinvolto un alto numero di persone sul piano industriale e commerciale. Il look e lo stile italiano sono stati capaci di influenzare non solo gusti e costumi, ma anche interessi, desideri e sogni di giovani e meno giovani, vip e gente comune, donne e uomini. A qualcuno potrebbe sembrare difficile riconoscere nella moda italiana uno stile vero e proprio, perché gli stilisti, i collezionisti e le proposte sono fin troppo numerosi e diversi. Eppure, il made in Italy ha lasciato un segno profondo proprio nello stile.

Oggi, infatti, vestire all’italiana significa avere buon gusto, volere essere elegante tutti i giorni e in tutte le occasioni. E significa anche avere un'attenzione per l'abbigliamento e per la moda che non è legata a particolari scopi, né alla pubblicità: è diventata quasi un fatto culturale.

In Italia, infatti, la moda non è simbolo di uno status, non serve ad affermare la propria posizione sociale, perché gli italiani, la moda e lo stile, l'hanno dentro e per loro è normale indossare capi di alta qualità, capi belli e ben rifiniti. Gli Italiani, popolo di poeti, navigatori, santi... e sarti, sono da sempre grandi esteti e nella moda possono esprimere al massimo questa loro caratteristica, invidiata in tutto il mondo.

Non solo l'abbigliamento è al top delle classifiche di gradimento nel mondo, ma anche gli accessori, come scarpe, cinture e borse, nonché gli occhiali da sole e i filati, posseggono un fortissimo appeal, che in questi anni si sta espandendo anche nelle regioni orientali, dove le classi ricche amano vestirsi e sfoggiare prodotti esclusivamente Made in Italy, considerati i top class.

Nonostante le attitudini, la moda in Italia nel vero senso della parola fa i primi passi solo nei primi anni 50: prima di allora si lavorava solo a livello di botteghe sartoriali, in cui i grandi maestri costruivano vere e proprie opere d'arte tessile, che però non trovavano la giusta diffusione a livello nazionale e internazionale.

A partire dagli anni 50 in Italia c'è una rinascita generale, il boom economico, un grande successo del cinema. Ed è soprattutto la moda che ha un periodo di grande creatività, e nascono prodotti che tutto il mondo ammira e che sono attuali anche oggi. Proprio alcuni modelli di quell' epoca sono stati esposti con un immenso successo nei primi mesi del 1989 alla Galleria del Costume di Palazzo Pitti a Firenze, città madre di tanta moda italiana.

Molti stilisti sono rimasti fedeli all'ideologia degli anni 50, essi sono convinti che l'alta moda, a differenza del prèt-à-porter, è rivolta solo a una élite, non deve piacere a tutti. L'alta moda è comunque una espressione di vera creatività e pertanto autentica forma d'arte. Si può creare con i colori e la stoffa, con il legno o con il marmo. I colori rappresentano l'aspetto poetico della moda, il mezzo adatto per comunicare un sentimento. Il tessuto, invece, è la terra della creazione di moda.

 

Le donne sanno comandare meglio degli uomini, però …

 

Dopo la pubblicazione del mio libro “L’arte del comando” moltissimi mi domandano che differenza ci sia fra maschi e femmine. Chi è più bravo, quali i difetti ed i pregi degli uomini e quali invece delle donne ? Io sono convinto che le regole del buon comando siano le stesse per entrambi i sessi. Ma certo vi sono differenze, stili diversi.

Il bravo dirigente, il bravo imprenditore, il bravo politico deve comprendere gli esseri umani, capire le loro potenzialità e intuire i loro difetti senza farsi ingannare dalle apparenze. In questo, spesso le donne sono più brave degli uomini perché sanno leggere le emozioni nascoste. Decifrano l’espressione del volto, le sfumature dello sguardo, le pause, le reticenze, il tono della voce, i gesti involontari. Oppure i particolari dell’abbigliamento, il modo di sedere, di dare la mano. Non si fanno invischiare dalle tortuosità della ragione, usano l’intuito, danno maggior importanza a quelle che i maschi considerano impressioni superficiali e che, invece, rivelano gli aspetti più intimi dell’animo.

Però, rispetto agli uomini, le donne hanno un difetto. Spesso portano con sé, nel lavoro, le piccole suscettibilità della vita privata. Possono provare invidia per una donna più elegante, o che ha dei capelli più belli, irritarsi perché ha un vestito troppo scollato e le gonne troppo corte. Queste piccole rivalità femminili talvolta fanno scartare una collaboratrice che sarebbe utilissima per l’impresa. Divise da piccole invidie e suscettibilità, non riescono a formare un gruppo, una coalizione efficace . Gli uomini, che sono forse più invidiosi delle donne, invece hanno imparato da tempo a mettere da parte questi risentimenti per coalizzarsi, fare branco, e raggiungere il potere. I conti li regoleranno dopo, quando sono arrivati, non compiono l’errore di dividersi prima.

Un altro vantaggio delle donne è la loro capacità di guardare alle cose concrete, senza perdersi in discussioni o teorizzazioni fumose. Molti uomini fanno progetti astratti e non concludono niente. Le donne sono spesso delle ottime organizzatrici e, per di più, sanno tenere sotto controllo situazioni complesse, mentre gli uomini riescono bene solo quando hanno un obbiettivo unico. Inoltre le donne di solito sono più precise, scrupolose nel loro lavoro e sanno vedere difetti che gli uomini non colgono o sottovalutano. Per esempio che le poltroncine dell’ufficio sono sfondate, che le centraliniste sono distratte, che il personale non ha le divise a posto, che i bagni sono sporchi, che mancano gli attaccapanni, che la mensa ha peggiorato la qualità.

C’è però una qualità nell’arte del comando che gli uomini hanno in misura maggiore delle donne: l’entusiasmo e la capacità di comunicarlo agli altri, di trascinarli con sé verso una meta, in una avventura esaltante. Non confondiamo la “pasionaria” con questo tipo umano. La “pasionaria” è violenta, litigosa. Il leader entusiasta, invece, suscita sogni, speranze, i suoi lo amano e si sentono amati. Non so perché le donne non posseggono ancora pienamente questa capacità. Ma sono certo che la impareranno.

 

S T E R E Ò T I P I

L'italiano è un amante perfetto e un marito insopportabile! È mammone!

L'uomo italiano è un eterno bambino! È tenero e affettuoso! Non ti aiuta nemmeno se lo paghi! È romantico!

Come deve essere il principe azzurro del nuovo millennio?

Le donne di tutte le nazionalità stanno diventando sempre, più esigenti in fatto di uomini. Si è parlato, e si parla ancora, di crisi del modello di uomo maschio e virile. Le donne sembrano preferire un uomo più dolce e più attento alla vita della famiglia e ai figli e più pronto ad aiutare in casa. Crisi del maschio latino, macho e un po' rude, che torna a casa stanco dal lavoro e vuole trovare tutto pronto?

Di certo l'uomo italiano non è il massimo come uomo di casa! Se, da una parte, ha ancora la fama di amante passionale, dall'altra, come marito, presenta alcuni difetti: aiuta poco nei lavori di casa, è disordinato e sopratutto non è fedele. Una donna di 35 anni, divorziata da poco tempo, confessa: "Dopo la mia esperienza matrimoniale credo che se penserò a risposarmi sceglierò un uomo più affidabile e meno maschilista comunque non sposerò mai più un italiano. Il mio ideale è l'uomo inglese, forse un po' freddo all'apparenza ma che nella vita di tutti i giorni sa essere più presente e che sopratutto se si innamora di un'altra ti lascia subito senza ingannarti per anni ... " Della stessa idea pare essere Giulia, 20 anni, studentessa universitaria: "Dopo la mia esperienza di studio all'estero ho capito che non sposerei mai un uomo italiano. Sono mammoni, poco autosufficienti nelle cose di tutti i giorni vogliono sempre comandare e per di più appena si presenta l'occasione ti tradiscono. Non sappiamo fino a che punto queste affermazioni corrispondono alla verità ma è certo che nel nostro paese i maschi nordici in generale ci appaiono più affidabili dei nostri latin lover.

 

Violenza sulle donne.

Sempre più spesso si prende conoscenza dai mass media della violenza sulle donne, un fenomeno che sembra crescere di anno in anno, tanto che nascono in modo vertiginoso organizzazioni, associazioni, cooperative che si occupano di prevenire o almeno di aiutare le donne vittime di violenza. A tale proposito, l’ultima ricerca Istat ha messo in evidenza che il 14% delle donne italiane è vittima di violenza fisica o/e sessuale, caratterizzata da percosse, maltrattamenti, ingiurie, stupri, induzione alla prostituzione, violenza psicologiche.

Nello stesso tempo questa ricerca ha messo in risalto, ed è questo il dato più allarmante, che di questo 14% solo una piccola percentuale denuncia la violenza subita, anche se si tratta di violenze gravi che provocano lesioni sui corpi e soprattutto sulle menti femminili.

La caratteristica comune di queste donne, quella che ferma il loro intento di denuncia è la paura, la rabbia, l’insicurezza, ma soprattutto la perdita di autostima e di fiducia negli altri.

Inoltre queste donne spesso dopo una violenza sono colpite dalla sindrome psichiatrica, denominata Disturbo Post-Traumatico da stress, caratterizzata da ansia, instabilità, attacchi di panico, insonnia e disturbi del comportamento alimentare.

Spesso, inoltre, e questo è un altro motivo di non denuncia, gli aggressori si trovano proprio tra le mura domestiche, mariti, fidanzati, conviventi o ex partner, ma anche genitori e parenti di primo grado, in generale persone cioè su cui la donna ripone la più grande fiducia, legata da sentimenti affettivi molto forti. Per tale ragione la violenza contro le donne è denominata anche “violenza domestica”, un fenomeno a cui in passato si dava poca importanza, essendo considerata una delle possibili espressioni di conflitto coniugale.

Per quanto riguarda l’ aggressore, c’è da dire che generalmente è una persona con gravi turbe mentali, tuttavia ben adattato nella vita lavorativa e di relazione e non che è possibile caratterizzarlo né per grado di istruzione, né per classe sociale.

A tutto ciò si aggiunge una eccessiva tolleranza maturata soprattutto in alcuni ambienti per cui il criminale gode di eccessive giustificazioni in quanto si cercano sempre alibi alle azioni più riprovevoli adducendole a traumi infantili, esclusione sociale, problemi famigliari, scolastici e sociali.

Ma la violenza non è solo quella fisica o sessuale, si può, infatti, subire una vera e propria violenza psicologica, definita stalking, contrassegnata da un comportamento, prevalentemente maschile, caratterizzato da atti di persecuzione reiterata, molestie asfissianti, appostamenti, intromissioni nella vita privata di una persona, generalmente di sesso opposto. È proprio su questo tipo di violenza che si ha spesso il massimo di tolleranza, anche se è bene sottolineare che negli ultimi anni si è avuto una maggiore attenzione anche a questo tipo di manifestazioni tanto da far approvare nel febbraio del 2009 una legge, la nr. 38, che fornisce una risposta concreta nella lotta contro la violenza perpetrata soprattutto a danno delle donne, perfezionata nell’agosto 2013 dal “Decreto sul femminicidio e la violenza sulle donne” i cui tre obiettivi sono: prevenire la violenza di genere, proteggere le vittime e punire severamente i colpevoli.

In particolare il provvedimento punta a «dare un chiarissimo segnale di contrasto e di lotta senza quartiere al fenomeno del femminicidio» e della violenza sulle donne. Le norme più importanti contenute nel decreto-legge, considerato ancora lacunoso in quanto non risolvono aspetti fondamentali del problema della violenza sulle donne, sono in sintesi: 1. Arresto obbligatorio in flagranza, 2. Allontanamento del coniuge violento da casa, 3. Irrevocabilità della querela, pene più severe, 4. Corsia giudiziaria preferenziale, 5. Patrocinio gratuito, 6. Permesso di soggiorno alle vittime straniere, 7. Vittime informate sull'iter giudiziario, 8. Cyberbullismo

 





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